Il consolidamento rappresenta una fase importante dentro a un percorso di crescita e sviluppo. Significa aver superato con successo le prime tappe del proprio progetto, superando anche eventuali difficoltà e momenti complicati, arrivando ad avere e vedere riconosciuto uno status di presenza all’interno del proprio mercato o settore di riferimento.
La situazione del mercato del venture capital italiano sembra essere proprio questa. La fase embrionale si può dire che è alle spalle, c’è un riconosciuto sviluppo che è diventato costante e stabile nel corso del tempo.
Ora però, se si vuole immaginare un nuovo impulso, serve cercare di fare di più, soprattutto per quanto riguarda le risorse investite a supporto del comparto dell’innovazione italiana. Non è solo una sensazione, ci sono alcuni dati che rendono evidente questa necessità.
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Ritardo degli investimenti nel venture capital italiano rispetto all’Europa
All’inizio dell’anno l’EY Venture Capital Barometer, studio annuale di EY, che analizza l’andamento dei round di investimento in startup e scaleup italiane, ha segnalato quelli che sono i dati degli investimenti in Italia nel mercato del venture capital in relazione al PIL.
Ebbene il nostro Paese si colloca in una posizione al di sotto della media degli altri principali mercati europei nel 2024. Nonostante una moderata crescita nel corso degli ultimi anni delle risorse destinate a realtà innovative, il mercato del venture capital italiano fatica a intraprendere un percorso di crescita accelerata e si conferma ancora limitato nelle sue dimensioni complessive, con investimenti che rappresentano solo lo 0,06% del PIL a fronte ad esempio dello 0,20% della Germania, 0,26% della Francia e 0,12% della Spagna.
Se i numeri che riguardano Francia e Germania stupiscono relativamente trattandosi di mercati da sempre riferimento per il resto del continente quando si tratta di risorse investite a favore di realtà innovative, le cifre della Spagna meritano un piccolo spazio di approfondimento. Come abbiamo avuto modo di raccontare di recente, il sistema di supporto al comparto dell’innovazione spagnolo ha beneficiato non poco di un testo unico di legge approvato pochi anni fa e che sta già iniziando a dimostrare il suo potenziale, così come anche i lati da migliorare. Il paese iberico però si dimostra più pronto e reattivo sotto certi aspetti rispetto all’Italia in una situazione paragonabile. Tanto è vero che il suo rapporto percentuale è il doppio rispetto a quello del nostro Paese.
Stabilità degli investimenti pro capite nel panorama europeo
Certo la situazione italiana, come detto, non è completamente da buttare. Certamente si può fare tutti di più e meglio. Altro numero da notare del rapporto di EY è quello che riguarda gli investimenti pro capite: in Italia restano stabili con 19 euro spesi per abitante rispetto ai 18 del 2023. Sbagliato sottovalutare la portata di questa stabilità che ritorna anche in numeri più specifici oltre che in un quadro più generale della situazione. Nel 2024, ad esempio, si registra una contrazione di questo parametro del 18% nel Regno Unito e del 6% in Francia, evidenziando un rallentamento nelle economie tradizionalmente più dinamiche in questo ambito. Non mancano anche casi virtuosi che mostrano un segno positivo, con la Germania che segna un miglioramento dell’11%, confermando una maggiore resilienza del suo ecosistema, mentre spicca nuovamente la Spagna che evidenzia una crescita significativa che tocca il 22%.
Nuove opportunità normative per rilanciare il venture capital italiano
Fino a qui i numeri e i dati, ma quali sono le prossime mosse da immaginare e programmare per cercare far compiere al mercato italiano un ulteriore passo in avanti? L’EY Venture Capital Barometer ad esempio suggerisce al suo interno: “Il nuovo Startup Act e l’AI Act rappresentano opportunità per stimolare investitori italiani e internazionali. Se negli ultimi anni abbiamo posto grande attenzione al tema delle risorse da destinare agli investimenti, ora sembra urgente affrontare il tema di come supportare la crescita delle realtà innovative per essere in grado di trasformarsi in realtà strutturate, in grado di dare un efficace contributo allo sviluppo e modernizzazione del nostro Paese. Dobbiamo affrontare barriere strutturali, facilitare sinergie con aziende, università, centri di ricerca e società di consulenza. Solo così trasformeremo il potenziale del nostro ecosistema in progresso concreto e sostenibile”.
Coinvolgimento dei capitali istituzionali: un nodo da sciogliere
Ancor più diretto nell’indicare una possibile via per un nuovo sviluppo è “Investire nel futuro dell’Italia: il ruolo strategico del risparmio privato”, studio realizzato da TEHA Group in collaborazione con CDP Venture Capital Sgr presentato ad aprile nell’ambito della 36° edizione del Forum “Lo Scenario dell’economia e della finanza” di TEHA Group.
Si legge infatti: “Proprio sull’analisi dell’asset allocation degli investitori istituzionali – anche comparando i casi studio dei Paesi in cui il venture capital è maggiormente sviluppato – si evidenzia il grave ritardo del mercato italiano. Ad oggi, infatti, lo studio misura un coinvolgimento molto limitato di questi attori, con investimenti in VC pari allo 0,29% per le Casse di previdenza e solo lo 0,14% per i Fondi pensione nazionali. In un’analisi comparativa che coinvolge il Canada e altri 6 Stati europei, lo studio evidenzia una marcata correlazione fra allocazione dei capitali da parte di Fondi pensione e Casse di Previdenza e sviluppo del mercato”. Come detto, serve uno sforzo da parte di tutti i protagonisti del settore per sviluppare insieme una nuova fase per il mercato del venture capital italiano.